Salvador Dalí: 3 opere surrealiste esposte a Milano

Al Mudec di Milano ha inaugurato la grande mostra “Dalí, Magritte, Man Ray e il Surrealismo” visitabile fino al 30 luglio 2023.

La mostra ripercorre a 360° il movimento surrealista che non coinvolse solo la pittura e la scultura, ma anche la fotografia, la letteratura, il cinema e gli oggetti di tutti i giorni. Tutto questo potrete scoprirlo in mostra attraverso le opere dei maggiori esponenti, ma anche installazioni video e sale dedicate a diversi temi: l’inconscio, il desiderio, l’irreale

Salvador Dalí

Uno dei grandi protagonisti è certamente Dalí: pittore, fotografo, regista, designer, un personaggio fuori dagli schemi, geniale e versatile. Non è possibile riassumere la sua immensa produzione, ma vi mostriamo 3 opere tra le tante esposte al Mudec per iniziare ad immergervi nella sua idea di arte.

La tavola solare, 1936

Salvador dalí, la tavola solare

Ci troviamo in un caldo deserto: in lontananza vediamo un cammello, abitante per eccellenza di questo luogo. Ma vediamo anche il profilo di una costa e delle barche arenate sulla sabbia. Capiamo così che qui prima c’era il mare, ma adesso è scomparso lasciando il posto a un paesaggio arido.

Anche gli altri elementi presenti nel dipinto servono per enfatizzare la mancanza di acqua e la sete. In primo piano c’è uno strano corridoio piastrellato e un tavolo con sopra 3 bicchieri, anch’essi senza acqua. Infine, la superficie del tavolo riflette la luce del sole e da lontano potrebbe essere confuso con uno specchio d’acqua, ma in realtà è solo un miraggio.

Siamo dunque calati in un’atmosfera afosa, il cielo è coperto dalla polvere creando una cappa di calore e ogni cosa ci ricorda l’acqua senza però mai esserci realmente, tutto è simbolico.

Impressioni dell’Africa, 1938

Salvador Dalí, impressioni dell'africa

Si tratta di un autoritratto: Dalí si raffigura con la camicia bianca aperta, seduto davanti al cavalletto, ma una mano è distesa verso di noi e la tela copre parte del volto mostrandoci solo un occhio che ci guarda. Il gesto sembra volerci fermare, forse ci siamo mossi mentre venivamo ritratti? O chissà cosa sta dipingendo.

L’ambientazione richiama nuovamente un paesaggio deserto e dal titolo capiamo che potrebbe trattarsi dell’Africa. In questo caso però lo sfondo è popolato da diverse figure e animali: riconosciamo degli asini, un ragazzo che suona su una barca, un pescatore con una cesta… Ma la particolarità è che queste figure si fondono con il paesaggio stesso, diventano rocce, alberi, ombre, creando un’illusione ottica, compreso il volto della moglie Gala, quasi come un’apparizione evanescente sopra la testa dell’artista. Questi espedienti erano spesso utilizzati da Salvador Dalí: oggetti che diventano tutt’altro, che subiscono una metamorfosi, come in uno strano sogno o visione. Dimostra così come tutto sia in trasformazione e non sempre ciò che vediamo in una prima occhiata è la verità, la realtà può nascondere anche qualcos’altro e tutto è “un’impressione”.

Il Volto della guerra, 1940

Salvador Dalí, il volto della guerra

Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Salvador Dalí raffigura gli orrori della guerra in un dipinto di forte impatto. Un volto scuro che occupa l’intero dipinto e che viene insediato da serpenti. All’interno degli occhi e della bocca spalancata, il volto si ripete diventando sempre più magro. Di nuovo altri volti scheletrici riempiono altri volti e così dicendo. Il messaggio è chiaro: la guerra porta solo morti che causano altri morti in una sequenza infinita di dolore.