Polifemo, Galatea e Aci, il mito raccontato da Ovidio

Il mito di Polifemo e Galatea fu raccontato da diversi autori greci e latini, ma ognuno ha proposto la sua versione. Polifemo è il celebre ciclope, il mostro dal singolo occhio che compare anche nell’Odissea ingannato da Ulisse; Galatea è una ninfa delle acque, bellissima e dalla pelle candida.

Il mito segue due filoni principali: il primo racconta un amore infelice, Polifemo che viene rifiutato da Galatea; mentre altri autori scelgono il coronamento dell’amore. Infine Ovidio inserisce un terzo personaggio nella storia: Aci, un giovane pastore. Scopriamo insieme cosa racconta nelle Metamorfosi.

Polifemo, Galatea e Aci nelle Metamorfosi

Nel XIII libro delle Metamorfosi siamo in compagnia di Galatea che con profondo dolore parla di Aci. Lei è innamorata del giovane ragazzo, ma allo stesso tempo è corteggiata da Polifemo. Galatea odia e disprezza il ciclope:

“Quell’essere crudele, ripugnante persino alle selve, che solo a rischio delle propria vita può un estraneo avvicinare, che spregia il grande Olimpo e i suoi numi, comincia a provare cosa sia l’amore.”

Polifemo viveva in una caverna vicino al mare in Sicilia. Qui faceva pascolare le sue pecore, disprezzava gli dei, uccideva i passanti… Era selvaggio e mostruoso, non solo per l’aspetto, ma anche per i suoi comportamenti crudeli. Ma quando vide per la prima volta Galatea, rimase folgorato dalla sua bellezza. Iniziò così a dedicarle poesie d’amore, riempiendola di complimenti e paragonandola alla bellezza della natura:

“O Galatea, più candida di un candido petalo, più splendente del cristallo, più liscia di conchiglie levigate dal flusso continuo del mare, più gradevole del sole in inverno, dell’ombra d’estate, più amabile dei frutti, più morbida di una piuma di cigno…”

ma giacché lei lo rifiuta e cerca di fuggire da lui, è descritta anche come:

“più infida delle onde, più insensibile di questi scogli, più superba del pavone che si sente ammirato, più spietata di un serpente, più veloce, quando fuggi, del vento.”

Polifemo cerca di convincerla facendole dei doni e le propone di vivere insieme nella sua caverna. Infondo, se solo lo conoscesse meglio, lascerebbe stare lo strano occhio in mezzo alla fronte, la pelle scura, i capelli ispidi, ma potrebbe ricambiare il suo amore.

La vendetta contro Aci

Galatea cerca sempre di nascondersi da Polifemo, ma lui la vede nel bosco insieme al bel Aci. Preso dalla furia e dalla gelosia, il ciclope si vendica e inizia a rincorre Aci. Staccando un grosso masso dalla montagna, lo lancia per colpirlo e ucciderlo. Galatea, sentendo le urla dell’amato, corre per aiutarlo, ma ormai è tardi. Vede però che il suo sangue rosso si sta trasformando nell’acqua limpida di un fiume.

Ovidio, dunque, inserisce il personaggio di Aci per far accadere una metamorfosi e così si spiega perché le città alle pendici dell’Etna prendono il nome dal pastorello: Aci Trezza, Acireale, Aci Castello.

Il mito nell’arte

Già in epoca romana esistono affreschi che rappresentavano Polifemo e Galatea. In più esempi vediamo Polifemo seduto su delle rocce, con il bastone per far pascolare le pecore. Tra le acque del mare vediamo Galatea trasportata da un animale marino. Si può notare chiaramente, anche nell’uso dei colori, la differenza tra i due: Polifemo dal corpo bruno, Galatea bianca come il latte. In entrambi questi affreschi possiamo notare anche una nave in lontananza che anticipa il futuro arrivo di Ulisse.

Ma esistono tante altre opere d’arte realizzate nei secoli successivi ispirate a questo mito:

Giulio Romano e Raffaello

Giulio Romano negli affreschi di Palazzo Te a Mantova, raffigura Galatea e Aci in piccolo, nell’angolo destro, mentre si abbracciano dolcemente; ma Aci indica il gigante Polifemo che siede sulle rocce con il bastone e una zampogna, strumento musicale usato per cantare delle serenate a Galatea.

Raffaello, invece, decide di dedicare il suo affresco della Villa Farnesina a Roma soltanto a Galatea. La ninfa viene portata in trionfo sopra una conchiglia trascinata da delfini. Attorno a lei altre ninfe che però vengono rapite da tritoni. Secondo alcuni studiosi, il messaggio che si voleva trasmettere era il valore della castità e purezza femminile, insomma, gli amori platonici.

Annibale Carracci alla Galleria Farnese

Nel 1597, insieme al fratello Agostino, Annibale Carracci iniziò a realizzare gli affreschi della volta della Galleria Farnese a Roma. Qui sono raffigurati diversi miti accomunati dal tema “gli amori degli dei”. Ovviamente troviamo anche Polifemo, Galatea e Aci: da un lato Polifemo suona e Galatea è sostenuta dalle sue compagne tra le onde. Dall’altro lato una seconda scena: Polifemo furioso sta per gettare il masso contro Aci in fuga.

Polifemo, Galatea e Aci nella pittura del Seicento

Nel 1645-50 Francois Perrier reinterpreta le raffigurazioni classiche dipingendo la costa della Sicilia, con tanto di Etna che erutta, Polifemo con la sua zampogna che si rivolge verso il mare. Qui troviamo stavolta molti personaggi: ninfe, amorini, animali marini e sopra una barca i due protagonisti. Galatea che indica Polifemo, ma guarda innamorata Aci, il quale tiene un mantello gonfiato dal vento, proprio come negli affreschi antichi.

Polifemo Galatea e Aci

Molto diversa è invece l’interpretazione di Claude Lorrain del 1657. Grande pittore paesaggista francese, Lorrain lascia molto spazio al paesaggio fatto di rocce, alberi e un mare calmo. Al centro della scena ci sono soltanto Galatea e Aci che si nascondono grazie a una tenda e si guardano negli occhi. Accanto a loro Cupido, simbolo del loro amore. In realtà, quasi nascosto e in lontananza, si vede anche Polifemo, forse pronto a vendicarsi e rovinare la scena romantica.

Polifemo Galatea e Aci