Cratere di Derveni

Capolavoro dell’arte ellenistica: un grande e ricchissimo vaso ritrovato in una tomba di Derveni (antica Macedonia, vicino Salonicco). Il Cratere di Derveni conteneva le ceneri di un personaggio vicino alla corte di Alessandro Magno, quindi un uomo ricco e importante che ha potuto commissionare quest’opera così elaborata e piena di significati nascosti che oggi scopriremo.

Il cratere di Derveni è alto quasi un metro, è realizzato in bronzo, ma con un alta percentuale di stagno che lo rende di colore oro, ed è riccamente decorato in ogni sua parte. Persino le anse (manici del vaso) sono decorate con serpenti attorcigliati, medaglioni con la testa di Eracle e motivi vegetali a giorno.

Partendo dalla parte alta del vaso vediamo un motivo a ovuli, ognuno con incisa una lettera diversa. Unendo le parole si ottiene la scritta: “Astion (figlio) di Anassagora, da Larisa”. Quindi il cratere appartiene a un certo Astion che proveniva da Larisa, una città della Tessaglia, e che poteva aver combattuto nelle battaglie di Alessandro alla conquista dell’Oriente. Infatti, oltre a questo vaso, nella tomba sono state ritrovate armi, punte di frecce, parti di una corazza e frammenti di cuoio appartenenti alla bardatura dei cavalli.

Al di sotto di questa decorazione a ovuli e ad archetti, troviamo una serie di animali che proseguono in fila. Più in basso dei tralci di vite, le cui foglie risaltano perché realizzate in argento.

Sulla spalla del vaso sono sedute 4 figure a tutto tondo: 3 sono addormentate, alludendo alla morte, mentre una è sveglia: rappresenta il giovane Dioniso che porge il braccio verso la figura femminile come a volerla accompagnare nel suo mondo.

Proprio Dioniso è il protagonista di una delle scene nel corpo del vaso, raffigurato accanto ad Arianna. Quest’ultima si sta togliendo il velo nel tipico gesto dello svelamento che simboleggiava il matrimonio. Dioniso poggia una gamba sopra il suo ginocchio per indicare il legame d’amore con Arianna e tiene un braccio sopra la testa che rimanda al sonno (in questo caso il sonno eterno della morte).

Le menadi danzanti

Proseguendo nell’analisi delle scene del Cratere di Derveni vediamo una serie di figure femminili che danzano. Sono le menadi che, prese dall’ebrezza, iniziano a danzare freneticamente e le vesti si muovono attorno a loro. Sopra le loro teste corre il tralcio di vite, simbolo dell’ubriachezza e di Dioniso.

La menade di fronte al Satiro tiene la mano a una compagna che però si accascia sulle gambe di quella seduta. Rappresentano la tipologia della menade esausta: ha ballato così tanto da essere stremata e la sua veste si è slacciata lasciando scoperto il corpo.

Il viaggiatore

Questa figura interrompe la danza delle menadi ed è importante per il suo significato. Il particolare che ci fa capire di chi si tratta sono i piedi: ha un solo sandalo, mentre l’altro piede è nudo. Il mono-sandalismo è simbolo degli iniziati all’orfismo.
La religione orfica si era diffusa in Macedonia soprattutto tra i membri della corte grazie anche a Platone. Egli parlava del dualismo tra corpo e anima e del fatto che l’anima proseguiva poi il suo viaggio verso l’aldilà. Questo culto deriva da Orfeo, il cantore che grazie alla sua musica era riuscito a raggiungere gli Inferi per liberare la sua amata Euridice.

L’iniziato all’orfismo compiva delle prove lungo il suo viaggio per poi raggiungere la sua nuova vita e avvicinarsi alle divinità. Perdere il sandalo indica quindi il percorso, le prove difficili da affrontare.

Il cratere dunque racconta tutto il percorso della vita dell’uomo: dal matrimonio, alle prove della vita, fino alla morte.